La metamorfosi di Dior
- giuliascarpaa
- 7 mar
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Once upon a time, la nuova sfilata di Dior si è aperta con una modella seduta su un’altalena illuminata di bianco, che richiamava l’incipit della fiaba.
La passerella realizzata da Bob Wilson ha poi cambiato scenografia, diventando un teatro sfondo di diversi ambienti. Un uccello preistorico, iceberg, rocce, fuoco, si sono susseguiti in cinque atti, come se fosse una vera e proprio opera teatrale, portando lo spettatore in un viaggio in cui spazio e tempo ridefiniscono i loro confini.
L’intera collezione è ispirata al romanzo “Orlando” di Virginia Woolf, il quale racconta la storia di un poeta che attraversa i secoli sperimentando le sfumature dell’amore, subendo anche un cambiamento di genere.
Opera che si rifà al concetto di fluidità, all’esistere al di là delle etichette e delle convenzioni sociali. È considerato un classico femminista e non è un caso che Maria Grazia Chiuri, l’abbia preso come punto di partenza per lo sviluppo di questa collezione.
La Direttrice Creativa ha fatto del femminismo una personale fonte di ispirazione creativa, in un’intervista a L’Officiel ha affermato:”Mi sento molto vicina e ispirata dalle artiste femministe che hanno usato la loro voce creativa per contribuire a cambiare le percezioni comuni ed avviare dibattiti attraverso le loro opere d’arte.”
L’intera collezione autunno/inverno 2025 si è sviluppata attorno al concetto di metamorfosi, quella mutazione nell’aspetto esteriore che però mantiene intatta l’identità.
La mutazione che negli anni ha subito la maison Dior, che grazie a tutti i direttori creativi che si sono susseguiti, ha cambiato volto innumerevoli volte, restando sempre fedele a sé stessa.
Sono stati molti i riferimenti ai predecessori di Maria Grazia Chiuri, come la famosissima t-shirt J’adore Dior creata da John Galliano, Direttore Creativo dal 1997 al 2011. Un capo classico ed intramontabile, capace di resistere nel tempo adattandosi ai cambiamenti.

Non sono mancati neanche i riferimenti a Gianfranco Ferré, ex Direttore Creativo della maison dal 1989 al 1997. Tra questi non possiamo non nominare la celebre camicia bianca impreziosita con jabot - una sorta di cravatta del XVIII secolo, che copriva la parte davanti della camicia maschile- che per l’occasione è stata abbinata a mini bustier, giacche sartoriali e pantaloni maschili.

In questa collezione, che è stata un continuo dialogo con il passato, hanno predominato elementi tanto cari a Monsieur Dior come corsetti, crinoline e gorgiere elisabettiane. Questi accessori però sono stati riproposti in chiave moderna, se in passato sacrificavano ed ingabbiavano il corpo della donna, ora hanno una funzione puramente estetica.
Maria Grazia Chiuri sta infatti portando avanti il processo di liberazione del corpo della donna dalle restrizioni degli abiti. Fin dal suo esordio da Dior ha esplicitato molto chiaramente l’intenzione di portare un nuovo approccio all’abbigliamento femminile: le donne devono sentirsi libere di esprimersi, devono sentirsi a loro agio negli abiti che indossano.

Questo show non è stato solamente un omaggio alla maison, che negli anni è evoluta adattandosi ai cambiamenti e reinventandosi continuamente, ma è stato soprattutto un invito a riflettere sul ruolo dell’abito di genere. Dimostrando come spesso quest’ultimo sia legato solo ad una convenzione sociale e non abbia a che vedere con l’identità, perché ogni individuo deve sentirsi libero di esprimersi al di là delle etichette.
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